Forse non tutti sanno che Ernesto Guevara è la reincarnazione di Calixto Garcia. Che Guevara è uno degli uomini più famosi al mondo. Calixto Garcia, almeno a Cuba, è altrettanto famoso.
I due combattenti per la libertà presentano un’infinita quantità di elementi comuni, tanto da indurre anche il più laico degli esseri ad abbracciare, senza dubbi residui, la teoria della reincarnazione (tardiva o ritardata) e conseguentemente la religione buddista.
Ripercorrendo l’albero genealogico dei due eroi si aprono scenari che sconfinano in territori mai calpestati prima. Vale allora la pena di tornare alla storia.
Si narra che il nonno, omonimo del Generale, rinunciò al titolo nobiliare de la Luna y Izquierdo quando si rifugiò a Cuba dove venne incarcerato perché chiedeva l’emancipazione degli schiavi e libertà costituzionali per tutti i cittadini.
Quando nel marzo del 1837, un prete fieramente gli si oppose, egli tentò d’impiccarlo.
Ernesto Guevara era invece oggetto di scherno da parte dei suoi amici a causa del nobile appellativo ‘de la Serna’. Alberto Granado, quando giocavano a rugby, lo chiamava Fuserna: “Fu, porque era rapido y se fugava bien y Serna del noble nombre de la madre”. Scavando ancora più in profondità, addirittura si scopre che, forse, entrambe avevano ascendenti reali. L’unica differenza è che mentre quelli del Che pare investissero i due rami dell’albero genealogico, per Calixto Garcia si limitavano al lato materno.
La tradizione vuole invece che Calixto Garcia Iñiguez discenda dal Re Calixto Garcia-Iñiguez attraverso la madre Lucia Iñiguez Landon. Il Re era figlio di Iñigo Arista (quindi Iñiguez), fondatore della dinastia Arista (che vuol dire quercia e significa forte in battaglia) di Pamplona. Il Re venne catturato dai Vichinghi nell’852 e poi riscattato.
Ricapitolando, il Che e Calixto, oltre ad essere la stessa persona, hanno anche la stessa ascendenza storica. Sono tutti e due baschi e provengono entrambe da famiglie reali, probabilmente imparentate, che hanno guidato le province basche e la zona di Navarra.
Ormai si tratta di un autentico diluvio di coincidenze, e perfino il più scettico degli osservatori non può non pensare di rivedere per intero la propria dottrina e convertirsi al buddismo!
Sono parte delle cronache di guerra le imboscate, in assoluta minoranza numerica, portate a compimento sia da Calixto Garcia che dal grande Guerrillero. Il Che arrivò perfino a scrivere un libro per illustrare la materia, adottato dalla CIA come manuale.
I due uomini facevano poi della forza morale e dell’intransigenza le colonne portanti della propria vita pubblica e privata. Le loro virtù vennero espresse in molti slogan combattenti che sembrano concepiti da una sola mente.
In ogni caso i motti sembrano procedere da un’unica entità.
Ernesto Guevara, l’altra metà dell’Entità Storica in esame, durante una partita di rugby, a causa di una crisi d’asma, secondo un racconto fattomi da Alberto Granado in persona, quasi ci lascia le penne.
Guevara in altre occasioni rischia di morire per l’asma, e subito dopo il trionfo della Revolucion si installa a Tararà, una zona balneare vicino l’Avana, per combattere la malattia. Mi chiedo se i reincarnati possano morire per la stessa causa. Credo che la ragione voglia che questo non succeda perché l’anima del reincarnato ha già esperienza in materia, e può verosimilmente prevedere i danni agli organi già colpiti.
Le due metà dell’Entità Storica hanno quindi lo stesso punto debole, i polmoni.
Calixto Garcia muore negli Stati Uniti nel 1898 e le sue spoglie vengono tumulate nel cimitero di Arlington, con tutti gli onori militari. Solo nel 1980 lo stato cubano ottiene la restituzione della salma del Grande Generale. Anche a Cuba, in pompa magna, viene ri-seppellito a Holguin, dove era nato.
Nel 1997, esattamente trent’anni dopo la sua morte, è ritornato a casa e ora riposa a Santa Clara nell’omonimo mausoleo.
Tutt'e due muoiono quindi all'estero e i resti d’entrambe vengono riottenuti dallo Stato cubano dopo anni.
L’ultimo e più cospicuo fattore comune tra i due eroi è la presenza costante, e in uno dei due casi indelebile, di una stella in fronte.
Nel caso di Guevara si tratta di una scelta puramente estetica, mentre per ciò che riguarda Calixto Garcia, il corpo celeste in fronte sembra essere un rilucente segno del destino.
Il Che, infatti, come da ufficiale iconografia, non si separava mai dal proprio basco sul quale era ricamata una rossa stella che molti dicono ammiccasse alla poderosa Cina del sol levante.
Calixto Garcia, invece, la stella in fronte se l’era procurata in seguito ad uno “sfortunato” tentativo di suicidio.
Nel 1874, il Generale, braccato nella zona di Manzanillo da più di 500 soldati spagnoli, rimasto alla testa di soli 20 uomini e avendo capito che non esisteva modo di sfuggire alla morte per mano degli odiati nemici, decise di suicidarsi.
Il fallito suicidio contribuì ad infittire l’alone da epopea che già circondava il grande Generale. Quando alla madre venne comunicato che il figlio si era arreso agli spagnoli, questa disse convinta: “Quello non è mio figlio!”. Subito dopo le venne annunciato che il suo Calixto aveva tentato il suicidio. Solo a quel punto ammise: “Allora si, quello è mio figlio!”.
Sia Calixto Garcia che Ernesto Guevara sono figli della grande patria cubana.
La bandiera di Cuba trae, colmo della contraddizione, ovvia ispirazione da quella americana. Si distingue però per un particolare di non poco conto: al posto delle tante stelle che affollano quella degli Stati Uniti, la bandiera dell’isola di stelle ne ha una sola.
La bandera de la estrella solitaria, come viene comunemente definita, è forse la rappresentazione grafica più chiara dell’isolamento a cui è stata destinata Cuba ormai da molti anni. E ha anche molto in comune con i nostri eroi solitari che preferiscono il suicidio ad una morte anonima o ad una vita senza azione, come nel caso di Guevara.
E’ infatti il suicidio l’ultimo tratto comune dei due combattenti. Garcia provò ad uccidersi con poca fortuna.
Guevara, anche alla luce dei suoi stessi scritti e di una attenta analisi del clima in cui visse prima della sua partenza per
Il riferimento al Quijote, campione di libertà e di solitudine è struggente. Guevara dice di non cercare la propria fine, ma il solo fatto di dirlo a se stesso e ai suoi cari fa intendere che il pensiero di ricercare la soluzione conclusiva gli balena per la mente. Molti storici concordano su questa ipotesi.
Forse anche Ernesto Guevara, ormai cubano a tutti gli effetti, ha avvertito l’acre seduzione che il Seppuku esercita sui grandi combattenti che si sentono ormai svuotati e privi di un ruolo.
Prima dell’avvento del Buddismo, in Giappone, il rito del Seppuku non esisteva. A quel tempo, pare che i giapponesi pensassero solo a divertirsi e non a togliersi la vita. Solo grazie all'idea della transitorietà della natura della vita e al concetto di gloria della morte tipiche del Buddismo la tradizione attecchisce. Tutto ciò rimanda inesorabilmente a quanto detto all'inizio.
Ernesto Guevara è la reincarnazione di Calixto Garcia. Dimenticavo di dire che Leon Trotsky amava definire i soldati dell’Armata Rossa i Samurai del proletariato.