martedì 20 settembre 2016

LA NUOVA GRAMMATICA CUBANA



Sono tanti i cubani che sopravvivono grazie a piccoli commerci illegali che le autorità tollerano, a patto che non si superino certe soglie di arricchimento che metterebbe a repentaglio l’equità sociale, baluardo invalicabile della Revoluciòn. 

Per rimpinguare il magro reddito che lo stato garantisce è necessario darsi da fare. Comprare formaggio in provincia, per esempio, per poi piazzarlo in città a prezzi maggiorati. O rivendere vestiti e accessori d’ogni tipo importati da chi fa la spola dal Messico o dal Perù. O ancora accaparrare uova e patate comprandole ai mercati statali, per poi rivendere la merce quando questa rapidamente si esaurisce. 

Bisogna però stare attenti alla polizia che è spesso sulle tracce dei "contrabbandieri". Basta essere pizzicati mentre si vende un pacchetto di gamberoni e ci si ritrova in commissariato, e se si hanno dei precedenti si rischia di passare qualche tempo in galera. 

Hai il fiato delle autorità sul collo e rischi anche che qualcuno ti denunci. 
C’è chi afferma che in ogni cubano alberghi un potenziale poliziotto. Si tratta di un’esagerazione. Come in ogni altro paese si denuncia per invidia, per problemi personali, per denaro, per dispute d’ogni tipo e qui, a volte, anche per zelo rivoluzionario. 

L’ossessione del controllo costante crea anche un senso di precarietà dal quale è difficile liberarsi. Nessuno è mai completamente certo di operare all’interno dei confini della legge perché tutti abbiamo un neo da nascondere.

Allora per il cubano è necessario scivolare nell’anonimato, cercando di dissimulare per continuare a trafficare. Senza mai ostentare prosperità economica, condizione aborrita dal sistema. 

Per potersi inabissare, evitando così il controllo della polizia e dei potenziali delatori, il cubano, oltre a mille altri stratagemmi, ha sviluppato un gergo da strada che ha come prerogativa principale l’assenza del soggetto. Camminando per strada si sentono frasi che hanno del surreale. 

In condizioni normali, quando si articola una frase, è imperativo enunciarne il soggetto, altrimenti per l’interlocutore sarebbe molto difficile comprendere. Nei quartieri popolari cubani, e non solo in quelli, il soggetto diventa una variabile impronunciabile. Nel caso in cui fosse rintracciato, il rischio di essere scoperti mentre si opera illegalmente sarebbe altissimo. Questo diventa allora ostaggio perenne e non arriva mai a vedere la luce del sole. 

E’ una specie di fantasma, non va mai nominato perché si tratta dell’elemento principe della corruzione e dell’illegalità. 

I più compromettenti hanno natura distinta: aragoste, carne di manzo, sigari, vestiti riciclati o rubati, formaggio, gamberoni, telefoni cellulari, frullatori, pentole elettriche per cucinare il riso, magari rubate nei negozi statali. 

Tutti scambiati illegalmente e a dispetto delle norme vigenti. Anche i loro succedanei hanno natura differente. Durante una conversazione in presenza di terze parti che si sospetta possano avere propensione al deferimento, si impiegano formule gergali ormai stabili e consolidate. 

“Compraste eso?”, “Tienes lo mio?”, “Le diste aquel?”, sono i modelli più usati. Dipende dalla perspicacia e dalla rapidità di elaborazione di chi ti sta di fronte afferrare al volo il soggetto che, obbligato alla clandestinità, si nasconde tra le pieghe delle contingenze sintattiche. 

Andrebbe eretto a questo un monumento alla memoria in ogni piazza del paese. Sulla lapide un epitaffio, nella speranza che un giorno possa riemergere, in barba al clima tropicale, dal lungo congelamento in cui è confinato ormai da quasi 60 anni. 

Senza parole non puoi esprimere pensieri. Quante più parole conosci tanto più ingegnosi i pensieri. Senza soggetto, cos’è che non puoi fare?