lunedì 22 aprile 2019

LA CULTURA DEL RAZZISMO A CUBA


"Se metti una gallina bianca in un altro pollaio di galline bianche viene respinta e beccata dalle altre per giorni. 
Succede anche fra i topi e le api. 
Guai se tutte le spinte zoologiche che sopravvivono nell’uomo dovessero essere tollerate. 
Le leggi umane servono a limitare gli impulsi animaleschi." 

Primo Levi


“Es negro pero tiene alma de blanco.”
Anonimo


A Cuba sopravvivono ancora uomini i cui padri sono stati schiavi nelle piantagioni di canna da zucchero. I vecchi raccontano per strada le loro storie e la loro condizione prima della Revolucìon. Gli anziani di colore sono di una bellezza toccante. Sono il vero cuore di questo paese e hanno un'eleganza inconfondibile. I più poveri indossano i propri dignitosi stracci con una sobrietà che non ha pari. 
Walker Evans, il grande fotografo americano che visitò Cuba negli anni prima della rivoluzione, diceva che da queste parti per essere un vero dandy devi necessariamente avere la pelle nera. I neri dicono anche che un nero è giovane per sempre e non invecchia mai, anche se ha ottant’anni.


Come si fa a parlare del razzismo a Cuba? E’ perlomeno imbarazzante ammettere che esiste, e sarebbe inutile nasconderlo. La rivoluzione cubana ha migliorato enormemente lo status sociale dei neri cubani garantendo diritti che nessuno di loro avrebbe mai sognato di poter esercitare. Tutti possono accedere all’università, all’assistenza sanitaria e ad ogni servizio che lo stato fornisce ai cittadini senza alcuna restrizione.
Ma nonostante i meriti del socialismo in salsa caraibica, nei loro confronti è sempre presente nell’aria una sottile vena di discriminazione. 
Non ho mai sentito nessuno offendere un nero per strada con l’insulto negro de mierda. E’ più probabile sentire urlare maricon de mierda o puta de mierda. Con i neri non è necessario rincarare la dose o infierire perché la parola negro ha già una marcata connotazione negativa. Al colore scuro della pelle si associa una condizione che li porta a essere, nel sentire comune, tendenzialmente ladri e bugiardi, prevaricatori nei rapporti con le donne, se non violenti, ed in ogni caso poco affidabili. 
In realtà è sempre la stessa storia della marginalità sociale, figlia della povertà, che di frequente genera comportamenti che sconfinano nella illegalità. Esiste poi la secolare e strumentale criminalizzazione dei neri per ragioni politiche ed economiche, atroce eredità del periodo in cui gli americani erano gli unici padroni del paese. 
Se a qualcuno obbietti, nel tentativo di giustificarli, che ci sono anche molti bianchi delinquenti, ti senti rispondere che quando succede questi sono insuperabili, sono i più bravi e non si fanno beccare mai perché più intelligenti. 
Da queste parti, quando ci si trova davanti ad un problema di difficile soluzione, si dice: “Actuamos como los blancos”, agiamo come i bianchi. In breve, facciamo le cose con raziocinio. 
Se si deve scegliere un colpevole fra un bianco e un nero è più probabile che paghi il nero. 
Se devi raccontare un fatto accaduto per strada e dirai, per esempio, che hai visto un uomo scendere dall’autobus, allora si tratterà certamente di un bianco. Se invece dall’autobus scenderà un nero non dirai più ho visto un uomo, ma ho visto un negro, come a sottolineare che il bianco gode del pieno status d’essere umano mentre il nero richiede una chiarificazione cromatica che lo inquadri immediatamente nella scala dei valori sociali (succede anche nelle nostre comuni cronache italiane quando ci si affretta a specificare che "l'uomo, di origine nord-africana, ...").
O ancora, da queste parti si usa dire: “Es negro, pero es buena persona”, e qui ogni commento è superfluo. 

Va però aggiunto che anche i bianchi, quando si rivolgono teneramente ad un altro bianco, usano un’espressione che sembra voler annullare istantaneamente ogni ombra di razzismo: “Mi negrito”
Lo dice la madre al figlio, la moglie al marito o un’amante alla compagna per mostrare il proprio affetto. 
Ma qui entra in gioco l'importanza assoluta della cultura afrocubana che pervade tutto e penetra qualsiasi interstizio. 

Di recente il Centro di Genetica Medica del Ministero della Salute ha condotto uno studio sul DNA degli abitanti dell’isola. Si è accertato che il 70% dei cubani ha ascendenza europea, il 2% è di origine cinese, l’8% india e solo il 20% africana.
Tutti sappiamo che ogni espressione artistica che prende corpo nell’isola deve fare i conti con l’influenza della componente nera della popolazione. E nonostante siano minoranza, i neri hanno da sempre affermato l’onnipresenza e un assoluto predominio del loro modo di rappresentare la realtà.



Sembra poi quasi irragionevole che sia proprio la Revolucìon a commissionare una simile ricerca genetica. In special modo dopo i costanti tentativi di azzerare le discriminazioni razziali, affermando l'essenza egualitaria del regime. 
In ogni caso un fatto è certo: la gran maggioranza della classe dirigente del paese, tranne alcune rare eccezioni, è oggi composta da uomini di pelle bianca. 
Quando un nero riesce ad affermarsi socialmente ed economicamente (si tratta quasi sempre di musicisti, artisti o sportivi), la prima mossa sarà quella di trovarsi una compagna di pelle rigorosamente bianca per accrescere il proprio prestigio ed esporre il trofeo. Il matrimonio misto alla luce del sole non è certo la regola, e per un nero una bianca è una delle “prede” più prelibate al mondo. I matrimoni misti esistono, sono numerosi, ma non comunissimi quanto le relazioni interrazziali “clandestine” o adulterine all’insegna dell’attrazione che esercita la diversità. Anche se le nuove generazioni stanno eliminando ogni steccato, riuscendo a risolvere la questione semplicemente perché non si vergognano più delle commistioni.

A Cuba non puoi fare a meno di guardare e commentare le grazie delle passanti quando sei in compagnia di un amico. Si tratta dello sport nazionale e non puoi sottrarti. Gli uomini cubani, bianchi e neri, spesso preferiscono le donne bianche e mulatte mentre io, se non si tratta di nere o di mulatte più scure, tranne casi isolati, mostro poco interesse. Mi stupisco dei loro gusti, ma loro si stupiscono molto di più dei miei. E’ sempre la solita legge dell’infinito incanto dell’allogeno. Ernesto Guevara era irresistibilmente attratto dai neri cubani e dalla loro carica d’esotismo. E la regola sembra valga per tutti. 

Anche i bianchi a Cuba hanno il loro indiscusso fascino perché abbinano allo spirito caraibico sfumature esteriori che ricordano vagamente gli abitanti dei paesi dell'est Europa prima della caduta del muro. I bianchi cubani hanno una durezza diversa rispetto agli europei e agli americani, triste e irrimediabile, quasi militaresca, che contrasta enormemente con l’esuberanza incontenibile dei neri. Sempre con il sorriso a 32 denti e pronti a fare festa con un po' di rum, un palo y una lata.

Data poi la infinita varietà di pigmentazioni, colore degli occhi e tipologia di capelli che vanno dai tratti cinesi a quelli dei neri centroafricani, con tutte le varianti intermedie, i cubani hanno nei secoli sviluppato un’abilità unica nell’identificazione e catalogazione dei singoli individui. Anche dopo anni di residenza risulta complicato comprendere appieno tutte le eventuali differenze, la cui ricerca sfiora l’ossessione. Per non parlare delle varie denominazioni: moro, negro, azul, mulato, cabao capirro, blanco legitimo, mulato blanconazo, etc. 

Quando, oltre al colore della pelle, si cerca di parametrare quello degli occhi o il tipo di capelli, si sconfina in regioni che solo pochi riescono a frequentare senza perdere la bussola. Nel sud dell’isola ci sono visi con occhi a mandorla verde smeraldo, pelle nera e capelli lisci di discendenza india. Bellezza unica che solo la mescolanza produce.



Ultimamente perfino i cubani hanno imparato a conoscere Salvini, e hanno notizia della recrudescenza razzista in Italia. Si può perfino sentire teorizzare che loro conoscono il razzismo e sanno come addomesticarlo. Con inconscia provocazione alcuni parlano addirittura di cultura del razzismo (qui applicherebbero il termine cultura anche all'uso dello stuzzicadenti...).
E’ certo che la Revolución li ha ben educati a contenere ogni forma di esternazione razzista, che perfino il peggior razzista cubano stigmatizzerebbe. Si potrebbe arrivare a dire che in Italia si è razzista per paura del diverso e per ignoranza. Qui per cultura acquisita nei secoli.
Si gioca con le sfumature cromatiche, con le frasi a mezza bocca intercalate da sorrisini che diluiscono l'ombra discriminatoria che esiste in ogni caso e a dispetto di ogni finzione, mantenendo una forma e un fondo di rispetto nei confronti degli altri.

La cosiddetta cultura del razzismo stempera le pulsioni animalesche di cui parla Primo Levi, figlie della assenza di frequentazione. I cubani si mischiano da secoli e sanno cos'è il razzismo. In Italia, terra di milioni di emigrati, i neri africani sono arrivati solo da qualche decennio. 
Forse nella nostra patria delle città e delle mille piccole provincie inizia a mancare ciò che tutti definiremmo cultura della tolleranza. E pochi hanno capito che non esiste la razza ma il razzismo, come non esiste dio ma la religione. 

Antonio Maceo, altrimenti detto ‘El Titan de Bronce’, il più grande eroe della guerra di liberazione dagli spagnoli che insanguinò Cuba a fine ‘800 era negro.
Poteva vantare ben 25 ferite di guerra, fra pallottole e colpi di machete, e più di 500 battaglie vittoriose. Fu vittima di discriminazione da parte dei colleghi bianchi che, pur riconoscendo le sue indiscusse abilità, tardarono anni prima di nominarlo generale. Perfino la storiografia cubana, almeno fino all’arrivo della Revolucìon e a detta di molti osservatori, non ne ha mai celebrato le gesta a dovere.

Dimostrò sul campo qualità di stratega e combattente superiori a tutti i bianchi impegnati in quella guerra, e riuscì a ridicolizzare il meglio dell’esercito spagnolo. Una simile circostanza era incomprensibile perfino per la scienza dell’epoca. Tanto che dopo la sua morte, avvenuta in un’imboscata appena fuori l’Avana, il cranio del generale venne sezionato per misurarne i centimetri, il peso e risolvere l’arcano. 

Carlos de la Torre, Luis Montané y José R. Montalvo examinando el cráneo del General Maceo

I risultati dello studio, come si può ricavare leggendo le ultime due righe sottolineate delle conclusioni in lingua spagnola, sono perlomeno sorprendenti!

Il testo non richiede traduzione:

Antonio Maceo era un mestizo; 
el cruzamiento del blanco y el negro, crea un grupo ventajoso, cuando la influencia del primero predomina; pero un grupo inferior cuando las dos influencias se equilibran, y con mayor razón cuando la negra lleva en ello la ventaja. 

Peso del encéfalo de 5 negros de Africa 1246 gr.
Peso del encéfalo de adultos europeos 1376 gr.
Peso del encéfalo de A. Maceo 1379 gr.

CONCLUSIONES
      
      Llegados al término que le habíamos impuesto a este trabajo, he aquí las conclusiones, que nos creemos autorizados a sacar del estudio antropológico realizado.
          
      1o. Como ya lo hemos visto en mas de un punto en el curso de estas investigaciones, muchos carácteres antropológicos reintegran a Maceo en el tipo negro, en particular, las proporciones de los huesos largos del esqueleto.
      2o. Pero se aproxima más a la raza blanca, la iguala, y aún la supera por la conformación general de la cabeza, por el peso probable del encéfalo, por la capacidad craneana, lo que permite definitivamente afirmar en nombre de la antropología:
      3o. Que dada la raza a que pertenecía, y el medio en el cual ejercitó y desarrollo sus actividades, Antonio Maceo, puede con perfecto derecho ser considerado como un Hombre Realmente Superior.