giovedì 23 aprile 2015

BALSEROS, I MIGRANTI DEI CARAIBI.


            
                                                   
                                                     

Gli esodi e il conseguente “destierro” sono una nota ricorrente nella storia dell’America Latina, e se in un certo periodo storico si fugge da una terra, in un altro può esserci l’affannosa rincorsa a raggiungerla. 

Da queste parti, i primi arrivi dei neri furono assolutamente indipendenti dalla loro volontà, e lo sradicamento dal proprio ambiente avvenne nei modi più atroci e impensabili. 
In questo caso non vale la pena di parlare di esodo verso Cuba. 
Il termine è però sempre presente nel lessico dell’isola. Sin dai primi anni che sono seguiti alla rivoluzione castrista, la questione della fuga in massa verso gli Stati Uniti ha costituito il cardine di ogni politica e scambio bilaterale tra i due paesi, separati da un braccio di mare largo appena 90 miglia.

Le traversate in mare verso un paradiso promesso o come nel passato, nel caso degli schiavi neri, verso un inferno garantito, sembra siano, almeno in parte, la chiave di volta per leggere e cercare di comprendere l’essenza di quest’isola. 
La parola esodo evoca scenari d’ogni sorta, ma quello che realmente succede nello stretto della Florida da più di 30 anni non può paragonarsi a niente di conosciuto, e ogni tentativo di azzardare similitudini con ciò che accade da altre parti risulterebbe fuori luogo e improponibile. 

Se un cubano vuole andar via dalla propria terra ha diverse opzioni a sua disposizione, legali ed illegali. Può, per esempio, iscriversi ad una strana lotteria qui definita “el bombo”. Si tratta di un sorteggio per ottenere la concessione di un visto da parte delle autorità americane. Vengono raccolte alcune migliaia di domande all'anno, e dopo aver accertato la buona volontà e la totale assenza di precedenti penali dei candidati, si procede all'estrazione a sorte di un numero prestabilito di visti che, una volta assegnati, danno la possibilità ai fortunati vincitori di espatriare senza problemi. 
E’ ovvio che esistano anche casi di corruzione ed imbrogli vari per accaparrarsi il diritto all'espatrio, con denaro che passa di mano in mano nel tentativo di corrompere i funzionari americani. Chi vince “el bombo” si trasforma in una celebrità, diventando l'incarnazione della buona sorte.

https://cubanosporelmundo.com/blog/2014/09/30/loteria-visas-eeuu-dv-2015-abierto-desde-manana-primero-octubre/

                                    

Un'altra strada percorribile prevede, per i cubani che vivono negli Stati Uniti ed hanno già acquisito la cittadinanza americana, la possibilità di far domanda all'ufficio immigrazione americano per ottenere, grazie all'istituto della riunificazione familiare, il diritto per i familiari più prossimi a stabilirsi negli Stati Uniti. 
Le procedure sono lente e macchinose e a volte vanno a buon fine.
Si può anche ottenere un visto provvisorio per turismo se si viene invitati da uno straniero che si fa carico di tutte le spese di trasporto e sostentamento del cittadino cubano ed in questo caso, una volta messo piede sul suolo straniero, se si trovano condizioni favorevoli, si può rimanere nel paese ospite.

L'altra possibilità è il matrimonio con uno straniero. Ciò consente al cubano di ottenere quasi istantaneamente il diritto a viaggiare. 
Nei casi in cui non esista altro modo per andare via, fino a oggi, non resta che costruire un mezzo di fortuna e lanciarsi in mare.
Negli ultimi anni le capacità creative dei cubani che hanno come obiettivo il raggiungimento dei Cayos della Florida si sono affinate notevolmente. Alcuni sprovveduti hanno perfino sperimentato di rifugiarsi nell'alloggiamento del carrello di un aereo che copriva la rotta tra l'Avana e Miami. Sono morti stecchiti dal freddo.

Altri hanno provato a fuggire in windsurf e si racconta di un ragazzo che sia riuscito a farcela dopo un paio di tentativi andati a vuoto. Zattere di fortuna d'ogni forma e dimensione, camion resi galleggianti da un complicato sistema di pneumatici assicurati alla scocca con dubbi mezzi  (in questo caso la propulsione era garantita da un'elica artigianale fissata a ciò che in origine era l'asse su cui giravano le ruote, strana specie d'anfibio fatto in casa), piccoli aerei costruiti assemblando pezzi di diversa derivazione. Tutto fa brodo pur di fuggire verso gli Stati Uniti e ricongiungersi con i propri cari.











L’indiscusso primato dell'astuzia lo detiene una ragazza di 23 anni che sin dal 1999 aveva deciso che sarebbe andata via da Cuba con ogni mezzo. C’è riuscita facendosi rinchiudere in una cassa da trasporto della DHL di 99cm.x66.
Dopo sei ore trascorse in posizione fetale all'interno dell'inusuale involucro, quando ha capito che si trovava sul suolo americano, Sandra ha iniziato a battere i pugni sulle pareti della scatola. 
I funzionari dell'ufficio DHL di Miami, esterrefatti e spaventati, hanno chiamato la polizia di frontiera che ha aperto la cassa trovando la ragazza in perfetta forma, solo un po’ indolenzita. 
Non si sa come abbia fatto a convincere gli impiegati cubani della compagnia di spedizione a rinchiuderla nella cassa perché la questione è ancora, come si dice in questi casi, al vaglio delle autorità competenti. Fatto sta che adesso si è ricongiunta ai suoi parenti, coronando il sogno di una vita.


Per rendere tutto più comprensibile, bisogna dire che negli Stati Uniti è in vigore da anni una strana legge che sembra avere come obiettivo principale quello di assicurare un sostanzioso apporto di proteine di carne umana alla dieta degli squali che infestano il canale della Florida.
Si chiama “ley de ajuste cubano” o “ley del piè seco y del piè mojado” e venne promulgata ai primi anni ’90 proprio per favorire l’espatrio illegale dei cubani nel tentativo di creare tanto scompiglio da giustificare o un blocco navale per arginare il flusso o un intervento armato per riappropriarsi dell’isola, adducendo come motivazione l'instabilità politica. O almeno molti così la interpretano.



Tutti gli immigranti illegali che provengono dal Sud America o da altri paesi vengono immediatamente rimpatriati, mentre i cubani che riescono a mettere piede sul suolo americano, sbarcando direttamente dai mille mezzi di fortuna con cui raggiungono gli Stati Uniti (da qui la definizione di piedi asciutti o bagnati), acquisiscono immediatamente uno status che li equipara a dei rifugiati politici e vengono, dopo essere stati interrogati, accolti e smistati in centri di lavoro appartenenti allo Stato per favorire la loro integrazione. Generalmente li si dirotta verso zone lontane dalla Florida per evitare una abnorme crescita della già numerosissima colonia di cubano-americani che esiste da quelle parti. Nel caso in cui un amico o un familiare si faccia carico della loro sussistenza, possono trasferirsi dove preferiscono. Basta una firma e l’impegno formale ad occuparsi, almeno nel primo periodo, dell’amico o parente a seconda dei casi.

Grazie a questa insana legge, l'esodo forzato verso le coste della Florida mantiene vivo da anni un flusso costante di immigrati, alimentando così le casse dei trafficanti d'uomini che arrivano a chiedere fino a 10.000$ per un posto su di un motoscafo veloce che copre il braccio di mare in poco più di tre ore. Chi non possiede simili cifre si lancia in mare con qualsiasi mezzo.  E si tratta della stragrande maggioranza.

http://www.telesurtv.net/news/Conozca-la-politica-estadounidense-Pies-secos-pies-mojados-20150121-0041.html

Sin dall'inizio della “Revoluciòn”, le ondate migratorie si sono succedute secondo un modello che stranamente ha quasi sempre rispettato cadenze decennali. Il primo esodo si è avuto immediatamente dopo l'insediamento dei Barbudos. In questo caso si trattava di ricchi esuli che abbandonarono il paese in aereo, senza ostacoli da parte dello stato cubano. Poi, attorno al 1965, venne il “Camarioca”, esodo illegale ma tollerato dai cubani e che prese nome dal porto d'imbarco da cui si fuggiva.
Negli anni ’80 ci fu il “Mariel”. Si tratta della fuga in massa più famosa, assieme a quella dei primi anni ’90, e anche in questo caso prende il nome da una località portuale ad ovest dell'Avana. 
In quell'occasione Castro approfittò della situazione e aprì le carceri concedendo un permesso speciale di tre giorni a tutti i peggiori delinquenti dell'isola che, capita al volo la situazione, si affrettarono ad organizzarsi per poter raggiungere la Florida. 
Il famoso film “Scarface”, con Al Pacino nel ruolo di un esule cubano, racconta appunto la storia di due bulli che in pochi anni si impadroniscono del mercato degli stupefacenti di Miami dopo essere fuggiti dall'isola proprio nel periodo del “Mariel”. 



Ancora oggi negli Stati Uniti, molti datori di lavoro, al momento di impiegare dei cubani, s'informano per sapere in che periodo questi sono arrivati in America. Se corrisponde all'esodo del “Mariel”, generalmente negano il posto.

Quando l'Urss decise, dopo la caduta del Muro di Berlino, di abbandonare Fidel al proprio destino, la situazione economica dell'isola precipitò, e ai primi anni novanta, nel pieno rispetto della cadenza ciclica che caratterizza gli esodi post-Revoluciòn, si ebbe un'altra fuga massiccia favorita dalla “ley de ajuste cubano”. 
Durò circa 4-5 anni e solo il canale della Florida, tanto celebrato da Hemingway per l'abbondanza di pesce, conserva il segreto sul numero di cubani che persero la vita durante l'esodo più cruento della storia dell'isola.

Pochi sanno quanti siano stati i cubani che hanno preso il mare nel corso degli anni nel tentativo di raggiungere l'Eldorado della Florida. E ancora più scarse sono le informazioni sul numero di morti inghiottiti dal profondo canale che separa le due nazioni.
La corrente del Golfo del Messico passa proprio da lì, per poi rifluire verso il nord Europa portando acque calde sin sulle coste dell’Islanda, contribuendo a mitigarne il clima che altrimenti, a causa della latitudine, sarebbe assolutamente proibitivo. Non risulta quindi troppo difficile immaginare la forza delle correnti presenti nel canale della Florida. E dove c’e’ corrente, c’e’ tanto pesce.  
Per questa ragione Hemingway arrivò a dire che quella era la zona più pescosa che avesse mai visto, con pesci di taglia enorme. 
Il “Pilar”, che lo scrittore ormeggiava nel porto di Cojimar, a pochi kilometri dall'Avana, ha scorazzato per quei mari per anni e i racconti del Papa, come i cubani chiamavano il grande americano, aiutano a capire le condizioni presenti nello Stretto.

Chi prende il largo in direzione nord, oltre ai pericoli di un attraversamento di 90 miglia a bordo di zattere di fortuna, deve affrontare l’ostacolo delle correnti e delle onde. Nella prima parte della traversata, per circa 30 miglia, le onde sono quasi sempre contrarie e bisogna remare incessantemente per superare l'ostacolo. Quando poi la piattaforma sprofonda nel canale vero e proprio, si affrontano onde alte e lunghe che il più delle volte non frangono ma presentano l'enorme impaccio dello scarroccio che spinge le zattere lontano dalla Florida, ad occidente, verso l'enorme gola del Golfo del Messico, tanto ampia da garantire morte sicura.
Bisogna quindi valutare attentamente la direzione da prendere, risalendo le onde, per poter atterrare sulle coste della Florida senza sorprese. Dal punto di vista strettamente nautico, questa è la parte più impegnativa della traversata. Si rema contro una corrente fortissima e la fatica fatta nel primo tratto si fa sentire. E’ quella la zona piena zeppa di squali a caccia del pesce che viaggia in balìa della corrente. Quando finisce il canale, il fondo risale e la corrente di solito spinge le zattere verso la costa dei primi isolotti della Florida.





Ci sono però alcuni inconvenienti che hanno poco a che fare con gli elementi naturali e rendono la traversata simile a un impegnativo videogame ad ostacoli di ultima generazione. I migranti devono evitare in primo luogo le pattuglie cubane che controllano le acque territoriali vicino la costa. Se si riesce a superare questo primo intralcio, oltre agli squali, c’è il rischio concreto di imbattersi in altre zattere di connazionali che hanno pensato di prendere il largo negli stessi giorni. Gli abbordaggi ai danni di compatrioti con mezzi più solidi ed affidabili sono all'ordine del giorno. D'altra parte in questa zona i pirati hanno infuriato per secoli e si tratta solo di emularne le gesta. Dopo l'arrembaggio si gettano i sopravvissuti fuori bordo, ci si impossessa del natante e si continua verso la Florida. 

Una volta arrivati nelle acque americane bisogna sperare di non essere intercettati dalle vedette locali, altrimenti il rimpatrio è sicuro. La legge, come già detto, impone di toccare il suolo americano con i piedi asciutti. Esiste una piccola deroga. Si può anche fare l'ultimo tratto a nuoto, basta non farsi beccare in acqua e raggiungere la costa. Una volta a terra, il videogioco è finito e può iniziare la vera vita nella terra promessa.

Ne ho conosciuti parecchi di balseros rimpatriati. C’è ne uno che ha provato a scappare 5 volte, e in seguito ad ogni tentativo si è fatto un po’ di galera. Una volta fuori ha sempre riprovato. Mi ha detto che in una un'occasione ha quasi raggiunto la costa. Purtroppo per lui, la guardia costiera americana lo ha preso a meno di un miglio da terra e lo ha riconsegnato ai cubani. Ormai pare si sia calmato perché da qualche anno lo vedo circolare in città . Se sparisce, vorrà dire che o è in galera o ha raggiunto Miami.

Ci sono anche casi di cubani famosi che sono fuggiti con zattere di fortuna. Il giocatore di baseball Orlando “el Duque” Hernandez, nel 1995, insieme ad altri due giocatori meno famosi, si è fatto tutte le 90 miglia a remi. Hernandez ha poi giocato per anni con gli Yankees di NY e i White Sox di Chicago




Il mio amico Roberto invece, meno atletico di Hernandez, ha dovuto costruire una zattera a vela. Roberto è andato via nel ’93.
L'intero periodo di preparazione fisica e di costruzione del mezzo è durato circa tre mesi. Con il rischio costante che i vicini capissero cosa si stava organizzando. La sua casa si trova a 100 metri dalla spiaggia e a 25 km dall'Avana, in un quartiere residenziale chiamato Brisas del Mar.
La costruzione e collaudo a secco della zattera sono avvenuti nel salotto perché armeggiare all'aria aperta con fusti galleggianti, remi e vele avrebbe insospettito chiunque. Così, per tre mesi, non si è ricevuto nessuno in casa. Anche questo comportamento, data la vicinanza con il mare e il costante controllo della polizia, costituiva un rischio.
La zattera, il giorno stesso della fuga, sarebbe stata smontata per farla passare attraverso la porta di casa. Una volta in spiaggia si sarebbe rimontata definitivamente. Nel frattempo, Roberto e gli altri avevano rimediato un vogatore in disuso per potersi allenare. In caso di assenza di vento i remi sarebbero stati l'unica salvezza. 
La traversata si intraprende senza prestare orecchio alle previsioni del tempo. Basta che in spiaggia non ci sia troppa polizia o curiosi e si salpa.


Roberto a quel tempo era sposato con Carmen e avevano avuto un figlio che al momento della fuga compiva 5 anni. Anche Carmen sarebbe andata via negli stessi giorni. Ma non con il marito perché se fosse andata male il figlio avrebbe perso i due genitori in un solo colpo. In caso di successo di almeno uno di loro si sarebbe chiesto il ricongiungimento familiare, e in caso di minori questo si ottiene facilmente. 

Carmen e Roberto avevano preso accordi con uno scafista cubano-americano che in sole tre ore avrebbe traghettato Carmen dall'altro lato dello stretto per 6500 dollari, gli unici soldi che la coppia aveva. Risparmi di una vita, prestiti di amici e parenti ma non abbastanza per pagare due viaggi. Carmen ha la precedenza e va in motoscafo, anche se perfino con un mezzo veloce corre il rischio di essere rimpatriata. Roberto si deve arrangiare.


Il primo problema, quando la spiaggia è pattugliata dalla polizia, è quello di trovare un buco tra le maglie del controllo che consenta il varo. I poliziotti passeggiano lungo la battigia e comunicano tra loro con le radio. In spiaggia, di notte, spesso ci sono dei pescatori con delle lanterne. Ad ogni poliziotto è assegnato un tratto di circa 1 km. che si percorre avanti e indietro. Parlando via radio non si incontrano mai tra loro. E quando si trovano alla massima distanza l'uno dall'altro si creano dei buchi. Attraverso questi spazi si può sgaiattolare via. 
Roberto aveva anche scoperto e sperimentato che mettendo in linea sulla spiaggia un paio di lanterne a poco meno di 100 metri l'una dall'altra, il poliziotto ha l’impressione che ci sia un pescatore in spiaggia e così comunica al suo collega che tutto è a posto. Quando poi i due si allontano in direzione opposta per tutta la lunghezza del km. da pattugliare, grazie al centinaio di metri guadagnati con lo stratagemma delle lanterne, rimane tempo abbondante per lanciarsi in mare senza il rischio di essere visti o sentiti. Dopo aver provato l'accorgimento diverse volte durante i pattugliamenti, Roberto era sicuro che tutto sarebbe andato bene.

A bordo della zattera a vela, oltre a quattro remi e un timone, c'erano una bussola, latte, marmellata, destrosio, pane e riso in abbondanza. L'acqua era dentro alcune bottiglie di plastica, ma dopo poche miglia la maggior parte è andata persa perché miscelata a quella di mare. Nella concitazione del varo i quattro le hanno pestate quasi tutte.
Non avendo torce elettriche, per fare un po’ di luce a bordo hanno usato una vecchia lanterna ad olio. Con la luce diffusa però li avrebbero subito individuati e l'unica soluzione, adottata da tutti i balseros, era di rivestire la lanterna con uno spesso telo nero con un piccolo foro da cui filtra un raggio per controllare il fondo della zattera. 



Hanno impiegato 5 giorni a raggiungere i primi Cayos della Florida. La terza notte, uno squalo inizia a scortarli nella speranza che qualcuno cada in mare. Si affianca al bordo della zattera, alto circa 70 cm. Per un paio d'ore Roberto si ritrova la sua pinna all'altezza della spalla. Appena arriva l'alba vede a poche decine di metri un'altra zattera molto più solida e di dimensioni maggiori. 




Era vuota e alla deriva. Decidono allora di trasbordare. 
Mentre sono impegnati nelle manovre, si accorgono che ci sono dei pezzi di corpi umani che galleggiano lì vicino. Probabilmente, vinti dal sonno e dalla sete, gli occupanti erano caduti fuori bordo. Iniziano allora a litigare perché uno di loro non vuole montare sulla nuova zattera per niente al mondo, nonostante questa garantisca un approdo più sicuro e certo. Urla che è stregata e porta sventura. Alla fine, dopo aver trovato un accordo, saltano su e vanno avanti. Erano a poche miglia dalla Florida, e in qualche ora hanno raggiunto la costa.




Roberto mi ha raccontato delle piaghe alle mani e sulla schiena e dello stato di semi-incoscienza in cui è piombato a poca distanza da terra. Mi ha anche detto che ha quasi perso la ragione per la gioia di avercela fatta e di non essere morto mangiato vivo dai pesci.




Adesso non riesce più a fare il bagno in mare e quando prende l’aereo che attraversa il canale della Florida e lo riporta a Miami, ancora oggi, se guarda il mare dal finestrino, immancabilmente vomita.
I posti sui voli diretti Miami-Avana sono riservati ai cubano-americani che tornano sull'isola per rivedere i propri familiari. 
Pare che il consumo di sacchetti per il mal d’aria su quei voli sia maggiore che in ogni altra tratta.