giovedì 28 agosto 2014

ERNESTO CHE GUEVARA E CALIXTO GARCÍA, I GENERALI CON LA STELLA IN FRONTE


Forse non tutti sanno che Ernesto Guevara è la reincarnazione di Calixto Garcia. Che Guevara è uno degli uomini più famosi al mondo. Calixto Garcia, almeno a Cuba, è altrettanto famoso. 
Il Mayor General Calixto Garcia Iñiguez fu un eroe della lotta di liberazione dagli Spagnoli che infuriò nell’isola alla fine dell’ottocento. Non esiste città cubana che non abbia almeno una strada, un ospedale o altra istituzione intitolata al gran condottiero. L’uomo è parte del mito che circonda la saga della guerra contro la Spagna imperialista. La sua valentia è oramai leggenda. 

I due combattenti per la libertà presentano un’infinita quantità di elementi comuni, tanto da indurre anche il più laico degli esseri ad abbracciare, senza dubbi residui, la teoria della reincarnazione (tardiva o ritardata) e conseguentemente la religione buddista. 

Ripercorrendo l’albero genealogico dei due eroi si aprono scenari che sconfinano in territori mai calpestati prima. Vale allora la pena di tornare alla storia.
Ernesto Guevara era figlio di Celia de la Serna e di Ernesto Guevara Lynch, mentre Calixto Garcia venne iscritto all’anagrafe dal padre Garcia de la Luna y Izquierdo e dalla madre Lucia Iniguez. 
Si narra che il nonno, omonimo del Generale, rinunciò al titolo nobiliare de la Luna y Izquierdo quando si rifugiò a Cuba dove venne incarcerato perché richiedeva l’emancipazione degli schiavi e libertà costituzionali per tutti i cittadini. 
Quando nel marzo del 1837, un prete fieramente gli si oppose, egli tentò d’impiccarlo.



Ernesto Guevara era invece oggetto di scherno da parte dei suoi amici a causa del nobile appellativo ‘de la Serna’. Alberto Granado, quando giocavano a rugby, lo chiamava Fuserna: “Fu, porque era rapido y se fugava bien y Serna del noble nombre de la madre”. Scavando ancora più in profondità, addirittura si scopre che, forse, entrambe avevano ascendenti reali. L’unica differenza è che mentre quelli del Che pare investissero i due rami dell’albero genealogico, per Calixto Garcia si limitavano al lato materno.

Celia, la madre del Che, è l'erede di una famiglia di proprietari terrieri probabilmente imparentati con i Grandi di Spagna e del Nuovo Mondo. “Ragazza ribelle, la graziosa aristocratica abbraccia la causa femminista alla fine della prima guerra mondiale. A Buenos Aires, la più europea tra le capitali dell'America Latina, è una delle prime donne a dare scandalo portando i capelli corti. Guida la macchina, firma assegni e ‘accavalla le gambe in pubblico’", precisa una delle sue cugine.

La tradizione vuole invece che Calixto Garcia Iñiguez discenda dal Re Calixto Garcia-Iñiguez attraverso la madre Lucia Iñiguez Landon. Il Re era figlio di Iñigo Arista (quindi Iñiguez), fondatore della dinastia Arista (che vuol dire quercia e significa forte in battaglia) di Pamplona. Il Re venne catturato dai Vichinghi nell’852 e poi riscattato. 
L’antico regno di Navarra inglobava allora i moderni département francesi dei Basses-Pyrénées. La città di Pamplona, capitale odierna dello stato di Navarra, venne occupata dai musulmani dopo il 711, ma i capi Baschi della zona presto ottennero l’autonomia e nel 798 il nostro Iñigo Arista si auto-proclamò amministratore unico di quelle terre, accettando la parziale sovranità francese. 
Dopo poco, la dinastia era talmente potente da convincerlo a proclamarsi Re.

L’elemento che però avvicina e incorpora ulteriormente le due figure storiche riguarda ancora il territorio di Navarra. Il nome Guevara è, secondo molti etimologi, di chiara origine basca. Proviene da un luogo che si chiama appunto Guevara e si trova nella provincia di Alava. La parola Guevara, in lingua basca “Evar”, significa felce. Ancora più sorprendente risulta la prima registrazione del cognome! Se ne fa menzione in una donazione fatta nel 1288 all’Ordine di Calatrava da parte di Vela Ladron de Guevara, Signore della Casa di Guevara che si definiva come “Principe del Popolo di Navarra”.

Ricapitolando, il Che e Calixto, oltre ad essere la stessa persona, hanno anche la stessa ascendenza storica. Sono tutti e due baschi e provengono entrambe da famiglie reali, probabilmente imparentate, che hanno guidato le province basche e la zona di Navarra. 
Ormai si tratta di un autentico diluvio di coincidenze, e perfino il più scettico degli osservatori non può non pensare di rivedere per intero la propria dottrina e convertirsi al buddismo!
Andando avanti si può aggiungere che i nostri due eroi furono, in tempi diversi, i più grandi esperti di guerrilla del continente.

Sia Ernesto Guevara che Calixto Garcia, nonostante le indubbie capacità strategiche, almeno all’inizio delle proprie carriere, non agirono da leader assoluti. Entrambe erano, infatti, vice in comando di Fidel Castro e Antonio Maceo rispettivamente. Calixto Garcia, in un secondo momento della Guerra di Liberazione, divenne per un breve periodo comandante in capo.
Viene poi da pensare che l’innata capacità del Che di sfiancare la resistenza nemica con continui attacchi di sorpresa provenga dall'insigne anima di combattente che gli venne traslata dal collega Garcia. 
Sono parte delle cronache di guerra le imboscate, in assoluta minoranza numerica, portate a compimento sia da Calixto Garcia che dal grande Guerrillero. Il Che arrivò perfino a scrivere un libro per illustrare la materia, adottato dalla CIA come manuale.

I due uomini facevano poi della forza morale e dell’intransigenza le colonne portanti della propria vita pubblica e privata. Le loro virtù vennero espresse in molti slogan combattenti che sembrano concepiti da una sola mente. 
Il più famoso e ricorrente, attribuito dall’agiografia dell’epoca a Calixto Garcia recitava: “O libres para siempre, o batallando siempre hasta ser libres”. Ernesto Guevara più sinteticamente preferiva dire: “Hasta la victoria sempre”. 
In ogni caso i motti sembrano procedere da un’unica entità.



Ancora un elemento li accomuna: l’antiamericanismo. Nel caso di Garcia, questo compare tardivamente in seguito alle ingerenze indebite da parte dei militari americani nella gestione della guerra. Quando l’esercito americano interviene direttamente, Garcia coopera con le truppe mandate da Washington e con queste ottiene la conquista di Santiago di Cuba. A quel punto viene proibito alle forze Mambises di entrare trionfalmente in città. Il generale protesta energicamente con il suo omologo americano e si dirige verso la costa nord-orientale, proseguendo da solo la lotta per l’indipendenza e la libertà di Cuba.                                                                    
Il Che, avendo ereditato l’anima del Generale, rielaborò il sentimento antiamericano e lo trasformò nel motivo portante della propria filosofia politica. Le idee richiedono spesso una lunga sepoltura e decantazione per essere poi riesumate e affermate con rinnovata convinzione!
L’Entità Storica (d’ora in poi così chiameremo i due eroi) era caratterialmente impulsiva e spesso perdeva il lume della ragione, ma riusciva a rientrare prontamente nei ranghi al momento della battaglia, mostrando una lucidità ineguagliata.

Calixto Garcia morì di polmonite l’11 dicembre del 1898, anche se molti dicono che venne assassinato dagli americani (...sic!). 



Ernesto Guevara, l’altra metà dell’Entità Storica in esame, durante una partita di rugby, a causa di una crisi d’asma, secondo un racconto fattomi da Alberto Granado in persona, quasi ci lascia le penne. 



Guevara in altre occasioni rischia di morire per l’asma, e subito dopo il trionfo della Revolucion si installa a Tararà, una zona balneare vicino l’Avana, per combattere la malattia. Mi chiedo se i reincarnati possano morire per la stessa causa. Credo che la ragione voglia che questo non succeda perché l’anima del reincarnato ha già esperienza in materia, e può verosimilmente prevedere i danni agli organi già colpiti. 
Le due metà dell’Entità Storica hanno quindi lo stesso punto debole, i polmoni.



Se non fosse abbastanza, c’è ancora la questione dei resti mortali delle due componenti. 
Calixto Garcia muore negli Stati Uniti nel 1898 e le sue spoglie vengono tumulate nel cimitero di Arlington, con tutti gli onori militari. Solo nel 1980 lo stato cubano ottiene la restituzione della salma del Grande Generale. Anche a Cuba, in pompa magna, viene ri-seppellito a Holguin, dove era nato.
Ernesto Guevara, ucciso nel 1967 in Bolivia, ha dovuto aspettare molto meno per tornare nella sua patria adottiva (Fidel gli aveva già conferito in vita la cittadinanza cubana ‘dalla nascita’). 
Nel 1997, esattamente trent’anni dopo la sua morte, è ritornato a casa e ora riposa a Santa Clara nell’omonimo mausoleo. 
Tutt'e due muoiono quindi all'estero e i resti d’entrambe vengono riottenuti dallo Stato cubano dopo anni.


L’ultimo e più cospicuo fattore comune tra i due eroi è la presenza costante, e in uno dei due casi indelebile, di una stella in fronte. 
Nel caso di Guevara si tratta di una scelta puramente estetica, mentre per ciò che riguarda Calixto Garcia, il corpo celeste in fronte sembra essere un rilucente segno del destino. 
Il Che, infatti, come da ufficiale iconografia, non si separava mai dal proprio basco sul quale era ricamata una rossa stella che molti dicono ammiccasse alla poderosa Cina del sol levante. 

Calixto Garcia, invece, la stella in fronte se l’era procurata in seguito ad uno “sfortunato” tentativo di suicidio. 
Nel 1874, il Generale, braccato nella zona di Manzanillo da più di 500 soldati spagnoli, rimasto alla testa di soli 20 uomini e avendo capito che non esisteva modo di sfuggire alla morte per mano degli odiati nemici, decise di suicidarsi. 
Caricata quindi la propria pistola calibro 0.45, la portò alla bocca e fece fuoco. 
La pallottola, invece di penetrare nel cervello, realizzò una strana carambola e venne fuori nel bel mezzo della fronte, lasciandolo miracolosamente incolume, tranne che per una grossa cicatrice che gli fece guadagnare il nomignolo di “General con la estrella en la frente”, come amava definirlo Josè Martì. 

Il fallito suicidio contribuì ad infittire l’alone da epopea che già circondava il grande Generale. Quando alla madre venne comunicato che il figlio si era arreso agli spagnoli, questa disse convinta: “Quello non è mio figlio!”. Subito dopo le venne annunciato che il suo Calixto aveva tentato il suicidio. Solo a quel punto ammise: “Allora si, quello è mio figlio!”.



Sia Calixto Garcia che Ernesto Guevara sono figli della grande patria cubana. 
La bandiera di Cuba trae, colmo della contraddizione, ovvia ispirazione da quella americana. Si distingue però per un particolare di non poco conto: al posto delle tante stelle che affollano quella degli Stati Uniti, la bandiera dell’isola di stelle ne ha una sola. 
La bandera de la estrella solitaria, come viene comunemente definita, è forse la rappresentazione grafica più chiara dell’isolamento a cui è stata destinata Cuba ormai da molti anni. E ha anche molto in comune con i nostri eroi solitari che preferiscono il suicidio ad una morte anonima o ad una vita senza azione, come nel caso di Guevara. 

E’ infatti il suicidio l’ultimo tratto comune dei due combattenti. Garcia provò ad uccidersi con poca fortuna. 
Guevara, anche alla luce dei suoi stessi scritti e di una attenta analisi del clima in cui visse prima della sua partenza per la Bolivia, il suicidio, forse inconsciamente, lo cercò pensando che sarebbe stato impossibile ritagliarsi nell'ambito della Revolucion un ruolo in linea con le sue posizioni intransigenti ed improntate alla massima coerenza. Basta scorrere le poche righe che scrive a suoi cari prima di partire per l’ultima missione della sua vita.                                                                                                                        “Sento di nuovo sotto i talloni i fianchi di Ronzinante. Riprendo la strada, scudo al braccio [...] Credo nella lotta armata come unica soluzione per i popoli che vogliono liberarsi [...] Molti mi tratteranno da avventuriero, e lo sono, ma di un genere diverso, di quelli che rischiano la pelle per difendere le proprie convinzioni. Può darsi che stavolta sia l'ultima. Non la cerco, ma è nel calcolo logico delle probabilità. Se così fosse vi abbraccio per l'ultima volta...".                   
Il riferimento al Quijote, campione di libertà e di solitudine è struggente. Guevara dice di non cercare la propria fine, ma il solo fatto di dirlo a se stesso e ai suoi cari fa intendere che il pensiero di ricercare la soluzione conclusiva gli balena per la mente. Molti storici concordano su questa ipotesi.


                                                                                           
Il suicidio a Cuba corre simile ad un filo sottile lungo tutta la storia dell’isola. https://contrattempo.blogspot.com/2018/07/ilsuicidio-cuba.html
Forse anche Ernesto Guevara, ormai cubano a tutti gli effetti, ha avvertito l’acre seduzione che il Seppuku esercita sui grandi combattenti che si sentono ormai svuotati e privi di un ruolo. 
Il Seppuku o Hara-kiri è l’unica definizione possibile di suicidio che si può accostare a Guevara. L’estremo gesto per conservare l’onore del grande guerriero. 

Prima dell’avvento del Buddismo, in Giappone, il rito del Seppuku non esisteva. A quel tempo, pare che i giapponesi pensassero solo a divertirsi e non a togliersi la vita. Solo grazie all'idea della transitorietà della natura della vita e al concetto di gloria della morte tipiche del Buddismo la tradizione attecchisce. Tutto ciò rimanda inesorabilmente a quanto detto all'inizio. 
Ernesto Guevara è la reincarnazione di Calixto Garcia. Dimenticavo di dire che Leon Trotsky amava definire i soldati dell’Armata Rossa i Samurai del proletariato.