sabato 21 ottobre 2017

I CUBANI E LE ARCHITETTURE DELLA NECESSITA'



"La Habana está adentro y fuera del tiempo a la vez"
L.Padura

"Allá la gente paga una cantidad de dinero para que las cosas parezcan viejas. Y mira aquí, este es un paraíso."
Lester Hamlet 




La capacità di arrangiarsi del popolo cubano fa impallidire persino i napoletani. Compressi da uno stato onnipresente e tentacolare, ma da questo anche aiutati, i cubani, con mille espedienti, riescono il più delle volte a mettere insieme pranzo e cena.
Ancora più straordinaria è la loro capacità di dare soffio vitale agli oggetti d’uso comune che hanno a disposizione, di farli vivere il più a lungo possibile. Tutto ciò li mantiene in parte al riparo dall'ansia di consumo che caratterizza ogni passo della nostra vita nel mondo sviluppato, anche se, negli ultimi tempi, perfino qui a Cuba le cose stanno un po' cambiando.

Ho sentito parlare di non so quale ormone che euforizza gli "shoppers" occidentali oltre ogni misura. 
Qui ho imparato a portarmi a casa i resti di una cena al ristorante. 
Con un po' di vergogna, all'inizio, dicevo di impiegarli per sfamare il cane che mi aspettava a casa. Potrei imporre un netto rifiuto a mia moglie ma non ho speranza perché si tratterebbe di un gesto inspiegabile. 




I sacchetti di plastica che ormai si trovano in ogni luogo si conservano, e dopo averli lavati e stesi al sole ad asciugare si reimpiegano.
 Anche i pannolini per bambini per incanto cessano di essere monouso. 




Tutti i tipi di contenitori usati come vuoti a perdere sono riciclati per gli impieghi più disparati. L'idea di pieno utilizzo di ciò che si consuma è, come ormai a molti piace dire, nel DNA di questa gente.


Riparatore accendini monouso

Giocattoli ricavati da vuoti a perdere

Gli accendini usa-e-getta, per esempio, sono ricaricati praticando dei piccoli fori impiegati per iniettarvi il gas. Questi vengono poi ricoperti di piombo o altri metalli. Alla fine, l'accendino, borchiato fino all'inverosimile, è
insomma gettato via. 
Gli strumenti di lavoro più comuni nel settore sono le pinze da chirurgo e le bombolette spray insetticida, abilmente riciclate per la ricarica del gas. 
La provenienza di quest'ultimo è ancora oggetto di indagine, al pari delle pietrine focaie.




I tappezzieri che producono divani e poltrone, se non trovano i chiodini per fissare la stoffa si rivolgono all'impresa, rigorosamente statale, che tappezza le casse da morto e corrompendo il magazziniere ottengono sottobanco ciò che gli serve per completare il proprio lavoro. 
Il funerale, fra gli altri, è un servizio offerto gratis dallo Stato a tutti i cittadini, fiori compresi.
Un modo come un altro per ricordare al defunto, ai congiunti e agli amici che lo accompagnano che lo Stato è presente fino all'ultimo istante, nel bene e nel male, con palmare evidenza. 
Al posto delle molle, nei divani e nelle poltrone si montano dei listelli di gomma ricavati da vecchi pneumatici ripuliti dei fili d'acciaio che ne rendono più solida la carcassa. Un lavoro massacrante che si fa a mani nude. Il risultato sono dei calli di dimensioni omeriche. 
I riparatori di materassi, nuova classe emergente fra i lavoratori in proprio, sono presenti e attivissimi in ogni isolato. Perfino con servizio a domicilio. 


Riparatori di materassi a domicilio 


C'è poi  il riciclaggio di bottiglie e lattine di Coca-Cola. La bevanda s’importa dal Messico per ovvie ragioni d’embargo. Le bottiglie da 33cl. sono segate appena sotto il collo, e ciò che resta è un bicchiere di foggia ricercatissima. 



A parte la questione estetica, quello che conta è che si tratta del peggiore oltraggio allo strapotere commerciale degli Stati Uniti. Il loro simbolo segato e ridotto a bicchiere da impiegare per innumerevoli sbornie di rum. L'idea di usare le bottiglie di Coca-Cola per aggirare l'embargo, rifornendosi così di bicchieri alle spalle degli statunitensi, ha un sapore speciale. E' una sorta di sintesi ideale dell’attuale contingenza geo-politica. 
Con le lattine si fanno anche giocattoli, posacenere e perfino souvenir.





Souvenir, giocattoli e posacenere ricavati da lattine varie


Anni fa ho visto una vela da windsurf rattoppata con lastre da radiografia. Non sto scherzando! La tasca e due terzi dei ferzi erano di una vecchissima vela, il resto, lastre radiografiche recuperate in un ospedale e tenute insieme con dei gancetti di metallo. E l'ho vista viaggiare per mare su di una tavola che non so come sia stata fabbricata, né con che materiali, ma galleggiava nonostante pesasse come un macigno.

Qui tutto è così. Gli oggetti acquistano spirito e respiro sia perché spesso hanno in media più di 60 anni di vita - ciò che si produceva in quel periodo era fatto per durare - e sono puntualmente riparati con eccellenti risultati,  ma anche perché dopo tanti anni d’impiego diventano un’appendice, quasi una parte integrante del proprio corpo. 


Pentola a pressione con sistema di bloccaggio di fortuna
Riparatrice di ombrelli


Ventilatore d'antan


E quando anche gli oggetti e gli utensili muoiono - lo Stato per quest’ultimi non assicura funerali! - muore una parte di te. 

Allora s’inventa. Si prendono parti d’oggetti che hanno originariamente diversa destinazione d'uso e ci s’industria per costruire ciò che serve. A quel punto si scatena la fantasia.


Antenne TV ricavate da vassoio mensa
Scaldacqua d'ingegno

Docce di fortuna

Forno per pizze ricavato da barile di petrolio

Sedia a dondolo multiuso

Giostra "criolla" 

Senza parole


Lasciamo da canto le vecchie automobili americane divenute ormai epitome delle virtù del cubano nell'arte di mantenere in vita, oltre ogni mistero della fisiologia, oggetti che ovunque si sarebbero estinti da tempo. 





Bicitaxi
Fiat 126 Convertible
Lambretta da trasporto custom made

Parliamo adesso di automezzi che assomigliano a figure mitologiche. Al confronto un ircocervo o un ippogrifo sembrano cani da salotto.




Biciclette spinte da improbabili motori a scoppio creati saldando tra loro parti che hanno le provenienze più impensate. Perfino pezzi di piccole turbine per pompare acqua o di motori usati negli impianti d’aria condizionata. 
Alcune sembrano oggetti del set di un film distopico in ambiente post-olocausto nucleare.
I serbatoi sono di solito bottiglie di plastica invariabilmente consumate dalla benzina contenuta all’interno e prontamente sostituite. Ho visto un tubo di scappamento ricavato da una branda da ospedale. 



Le chiamano “Frankenstein” o “Riquimbili” e riescono a percorrere più di 100 km. con un litro. Un mio vicino ne possedeva un esemplare il cui motore è stato assemblato usando pezzi di un carro armato sovietico in disuso! Ce n'è per tutti i gusti.



Noi occidentali siamo ormai smarriti di fronte alle sirene del consumo furioso che pare a volte molto più massificante di ogni dittatura latinoamericana. 
La televisione, i vestiti, le macchine, le scarpe, le cravatte, i motorini, le manie, i tic, le vacanze, le letture, perfino i sogni e le aspirazioni, tutto tristemente uguale.
Ancora più triste è la creazione di bisogni anche quando non esiste reale bisogno. 

Le forme degli oggetti sono importanti quanto un buon tramonto o un bel paesaggio per farci sentir più in concordanza con il mondo. 
Se poi gli oggetti che ci circondano sono in gran parte carichi di storia perché hanno accompagnato chi li possiede per tanti anni, forse ci faranno addirittura sentire meglio. 

A Cuba, per cause di forza maggiore, gli oggetti e gli strumenti d’impiego giornaliero sono spesso gli stessi da più di mezzo secolo.
E l’amore e l’affetto con cui si usano e si maneggiano è generato dalla consuetudine - c’e un famoso bolero che recita che “la costumbre es más fuerte que el amor” -  ma anche e soprattutto dalla consapevolezza che quando la loro vita terminerà, sarà più difficile anche la vita di chi per così tanti anni li ha usati, perchè sarà altrettanto difficile poterli sostituire ricomprandoli.





Tutti sappiamo quanto sia coinvolgente rovistare in una soffitta alla ricerca di qualcosa che possa innescare la nostra fantasia, far riesplodere i ricordi intorpiditi creando la tanto agognata brezza. 




A Cuba c'è ancora gente che pranza e cena negli stessi piatti, usando gli stessi bicchieri e le stesse posate che si trovavano sulle loro tavole, magari sin da quando erano bambini. E questo vale per la gran parte degli utensili, degli addobbi, del mobilio e del resto. 
E' come se una intera generazione abbia trascorso parte della propria esistenza in una gigantesca soffitta. 


Una condizione non certo di privilegio per un popolo che non ha mai conosciuto le agiatezze del mondo occidentale - spero non ne conosca mai i parossismi - ma a volte affannosamente inseguita anche da molte donne e uomini del primo mondo, sommamente stanchi dell’assenza della benché minima bava d’aria che agiti un po’ le acque.
In barba ad ogni trito luogo comune, pare che anche questo, oltre a mille altre ragioni, contribuisca al famoso "Mal di Cuba".