https://i.postimg.cc/4xwVWRZs/161126145740-fidel-castro-and-mandela.jpg Contrattempo all'Avana: AVANA PUZZOLENTE PUTTANA

venerdì 20 aprile 2018

AVANA PUZZOLENTE PUTTANA

"In America Latina non si può fare a meno di essere freudiani."
Anonimo

L'Avana è la vera capitale del Nuovo Mondo. In questa parte del continente la città costituisce il primo punto di agglomerazione delle più diverse etnie e sperimenta il meticciato per prima.



Basta poi pensare al periodo subito dopo la abolizione della schiavitù a Cuba. Le prime rumbe improvvisate sui moli della baia.



Gli schiavi che dalle campagne, dopo aver conquistato la libertà, si riversano in città e incontrano gli scaricatori e i marinai del Regno di Spagna. E con chitarre e violini spagnoli, tamburi africani e trombe cinesi si inventano i nuovi ritmi. 



I neri e i guapos spagnoli che a contatto fanno scintille in ogni senso. Cinesi e neri che si uniscono e spesso il risultato è sorprendente.
Nascono los chinitos, donne e uomini di una avvenenza e charme unici.

Città puttana per definizione. Carlos Varela, cantante e poeta locale 
dice che l'Avana da sempre “apre le gambe a tutti”.
Città puttana dall’inizio, dalla nascita, forse per sempre.
Il porto è una grande baia naturale che si allunga verso l’interno del territorio per diversi chilometri. Alcuni dicono che somigli ad una farfalla. Forse ha la forma di una enorme vagina pronta ad accogliere chiunque arrivi.



La vagina sarà prima o poi penetrata dalla Florida che ha la forma di una enorme minchia? - ancora una volta non ho trovato nulla di meglio -.
Non era necessario costruire niente all’interno della baia, bastava ormeggiare di fianco alla banchina per scaricare le merci. La terra era già pronta a dare rifugio, come nelle grandi città di mare.
Tutte le raffigurazioni dell’Avana sono al femminile. Il simbolo assoluto è la Giraldilla, la moglie del governatore spagnolo che aspetta il suo ritorno sulla torre.



La città, più di ogni altra, è donna e si ha l’impressione che possa perfino sostituirne l’irrinunciabile amore. 

E’ come se ti accogliesse, offrendosi con le gambe spalancate per farti dimenticare la necessità di avere una compagna al tuo fianco. Arriva a personificarsi a tal punto che sembra prometterti contatto fisico e calore umano. Di certo non ti fa sentire mai solo. 

In Italia le città sono al massimo madri premurose, l'Avana è solo amante licenziosa. 

Nonostante sia una metropoli, qui non si rischia quella assurda sindrome da isolamento che le grandi città quasi sempre garantiscono. E più sono popolose, più sembrano dilatare i rischi di alienazione, trasformandosi in perfetto e assurdo paradigma della solitudine.
All’Avana, anche se sei senza compagnia, non sei mai da solo. Qualcuno da ascoltare lo trovi sempre, e spesso alle ore più impensabili. C’è sempre chi ha voglia di raccontarti qualcosa.

Città puttana che tutto ti perdona. Urla più di tutte e puzza più di tante altre. Ciò che colpisce prima di ogni altra cosa chi visita una qualsiasi città sono gli odori, i rumori, i sapori, l’unto che ti resta sulle mani quando stringi quelle degli altri o tocchi qualcosa. 



Tutto questo contribuisce a costruire la tua fotografia del luogo, forse più di quello che vedi. 



Quando ritorni sul posto sono queste le sensazioni che ti colpiscono per prime. Come stridono le voci, quanto è denso il  profumo delle donne o l’alito inconfondibile degli uomini che mai disdegnano un sorso di rum o un piatto di fagioli, cosa sprigiona dai banchetti che vendono cibo per strada e così via. 

Queste sensazioni nello sterilizzato mondo occidentale sono smorzate. Anche Londra, Parigi, Madrid o New York offrono un loro equipaggiamento di percezioni caratteristiche che però si scoprono più lentamente. Qui sono immediatamente disponibili ai sensi e subito riconoscibili perché più robuste e tipiche. 

Gli uomini, prima dell’avvento dei saponi che alterano il tasso di acidità della pelle e rendono tutti ugualmente profumati,  non erano irresistibilmente attratti dagli odori delle pudenda?

L’aspro aroma dell’altro sesso era la chiave di tutte le eccitazioni.

All’Avana ti innamori della città anche per i suoi irresistibili olezzi, più penetranti di ogni essenza artificiale risultato di una sintesi chimica. Dopotutto anche noi siamo animali. E questa città semplicemente ce lo ricorda.
L’Avana stimola i sensi, anche del più spirituale degli uomini. 

La matrice culturale africana agisce come psichedelico, come droga degli istinti. E li risveglia, facendoli riscoprire anche a chi pensava di essersi addormentato per sempre. 



Da sempre è stata il rifugio di tutti i peccatori. I preti e i vescovi che durante la dominazione spagnola sono passati da qui, o si sono abbandonati ai sensi o sono fuggiti inorriditi da ciò che definivano smisurato lassismo dei costumi.

Gli americani, durante il proibizionismo, sbarcavano per bere rum e fare baldoria. Le star di Hollywood e gli scrittori più famosi attraversavano lo stretto della Florida per venire a far i propri porci comodi. 

I luoghi che hanno millenni e millenni di storia alle spalle spaventano, quasi atterriscono. Questa è una città che credi di comprendere immediatamente e per questo la senti più vicina, più semplice. Non ha ancora 500 anni e a noi europei sembra un bimbo in fasce. Riesci a afferrarne i misteri con meno sforzi e in modo più lineare. Tutto sembra avere una struttura uniforme, rendendo più semplice e nitida l’esplorazione. E’ più facile abbracciarla e amarla. 



Anche la sua architettura, le sue strade e gli scorci sembrano più evocativi di qualcosa di diretto e primordiale che ci tocca intimamente. 



Marquez diceva di Macondo che era giovane come tutto il continente e che alcune cose erano così giovani che non avevano nome e bisognava puntargli il dito contro per nominarle. 

Sarà l’attaccamento e l'affetto che modifica tutto. O forse è la sintomatologia del viaggiatore. Ma ormai qui ci vivo da tanti anni. E non so cosa pensare quando scopro un affetto smisurato anche nelle parole di chi qui è nato. 

Gli occidentali si lamentano annoiati dai mille difetti delle proprie città. Gli habaneros parlano e scrivono dell’Avana come se si trattasse del loro più grande amore, l’amore di sempre e per sempre. Il primo e l’ultimo. Quell’amore che li comprende tutti.









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