https://i.postimg.cc/4xwVWRZs/161126145740-fidel-castro-and-mandela.jpg Contrattempo all'Avana: UNA TRUFFA ALL'AVANA

mercoledì 7 ottobre 2015

UNA TRUFFA ALL'AVANA





In gran parte del Sudamerica, nelle grandi città esistono zone in cui un turista comune non può neanche pensare di entrare. La presenza di criminali senza scrupoli consiglia di stare alla larga. A Caracas, per esempio, ho visto alberghi con inferriate fino alle finestre del terzo piano. Bolivia, Colombia, Honduras e Messico sono ormai il cruccio delle agenzie dell’Onu e degli studiosi che si occupano di violenza e narcotraffico. Per non parlare di alcune zone del Brasile.

All’Avana invece, io, comune residente straniero, ho circolato per un paio di anni con i peggiori delinquenti della città e mai nessuno mi ha torto un capello. E’ vero che alcune frequentazioni devi aver voglia di sperimentarle. Ma so anche con certezza che molti turisti sprovveduti si sono accompagnati senza saperlo ai più loschi ceffi della città.

Lo straniero da queste parti è sacro e inviolabile. Un pò perchè se lo tocchi come minimo ti danno trent’anni di galera, ma soprattutto perchè puoi sempre spillargli qualcosa. E i cubani che circolano per strada alla ricerca dei turisti non sono sempre stinchi di santo.
Nel mio caso, la scelta di frequentare persone che molti giudicherebbero poco raccomandabili è stata consapevole. 

Non parlo di tristi delinquenti d’alto bordo o truffatori di regime che pullulano in ogni parte del mondo ed entrano a pieno titolo nei salotti migliori. Mi riferisco a dignitosi straccioni che arrivano ad accoltellarsi tra loro per disperazione sognando di diventare come Scarface a Miami o John Gotti a New York.
D’altra parte tutti sanno che chi ruba una gallina è un ladro e chi truffa o ruba miliardi al mondo intero è un genio.

Per più di un anno ho avuto una fidanzata che abitava all’Avana Vecchia nel quartiere Belen. E' stata per anni la donna di un personaggio molto in vista in quelle zone. Questo è poi caduto in disgrazia e ora marcisce in carcere. 

Yamilka mi ha presentato ai suoi amici come il suo uomo e non come un turista di passaggio. Così per quasi un anno mi è spesso capitato di andar fuori con loro. Col tempo, e avendo preso confidenza, mi hanno raccontato le loro storie. Ho imparato parte del loro gergo fatto soprattutto di gesti minimi e occhiate che sembrano raccontare un romanzo. Forse ho anche avuto l’illusione di capire il prezzo e il valore di tutto, anche di una parola. Li ho visti trasformarsi in gentleman impeccabili per gabbare perfino i turisti più scafati.  

Ho anche retto il loro gioco perchè potessero mettere a segno una piccola truffa ai danni di turisti o malcapitati locali. Mi è successo di difenderli dalla polizia che voleva arbitrariamente arrestarli, garantendo la loro onorabilità. Mi hanno aperto il loro mondo e aiutato a capire tanto di questa città. Molto più di paludati studi di regime sulle cause dei malesseri sociali o sul perchè dell’aumento della delinquenza.
E’ sempre il campo di battaglia che ti fa capire. E in questa città hai la fortuna di poterlo frequentare senza rischi. Almeno per la tua pelle. 
Poi dipende da te e dalla tua capacità di offrire loro in cambio qualcosa in più, oltre ad una sbornia o qualche puttana, per divertirsi e conquistare la loro considerazione.


Una delle cose migliori di questa santa città è la possibilità di venire a contatto con chiunque, senza barriere sociali.
Guy de Maupassant diceva: “Neppure più riesco a ritrovarmi con le persone che un tempo incontravo con piacere, tanto le conosco, tanto so che cosa stanno per dirmi e cosa gli risponderò io, tanto mi è noto lo stampo dei loro pensieri immutabili, la piega fissa dei loro ragionamenti. Ogni cervello è un circo dove gira eternamente un povero cavallo imprigionato. Quali che siano i nostri sforzi, le scappatoie, le svolte, il confine è sempre là, perfettamente rotondo, senza sporgenze impreviste, senza aperture sull’ignoto. Girare, sempre girare bisogna: stesse idee, stesse gioie, stessi sbagli, stesse abitudini, stesse credenze, stesse disperazioni.”
Gli spiantati dell’Avana sono una apertura sull’ignoto! E la povertà mescola le carte più di ogni altra cosa.

Solo una bottiglia di rum di pessima qualità e il sesso che non costa niente calmano la noia e l’assenza di sogni possibili, che molti temono tanto. Ma per mettere del cibo sotto i denti bisogna inventarsi sempre qualcosa.

Anni fa sono stato reclutato da tre amici per portare a compimento una truffa ai danni di un tedesco convinto di comprare un dipinto di Renè Portocarrero. Il quadro era una orrenda crosta che i tre avevano deciso di vendere per 2000 dollari. 
Portocarrero è stato uno dei più grandi pittori cubani e latinoamericani di tutti i tempi insieme a Wilfredo Lam, grande sodale di Picasso. La sua pittura è stata fortemente influenzata dalla religione afrocubana e ha una produzione sterminata. 
I falsi abbondano a Cuba, e quello che volevano vendere al tedesco sembrava una gran sconcezza anche a me che ho poca dimestichezza con la pittura. 2000 dollari per un Portocarrero è un prezzo ridicolo, e chiunque capirebbe che si tratta di un bidone. 
Ma dall’Avana, fino alla fine degli anni '90, molti sono riusciti a portare via opere d’arte a prezzo da mercato ambulante rionale. Un pò per la fame che spingeva a svendere tutto (soprattutto nei primi anni '90), ma anche a causa di un mercato nero creato da diplomatici e mercanti d’arte stranieri che arrivavano a commissionare furti in case, i cui proprietari, prima dell’arrivo di Castro, navigavano nell’oro.

L’eco di questo commercio è arrivato anche in Europa, e fino al 2000 ogni tanto spuntava un pollo da spennare. E’ ormai diventato molto complicato contrabbandare opere d’arte perchè il regime, con grande ritardo, è corso ai ripari per arginare l’emorragia. Alla dogana ora sono tutti più accorti.

Il nostro gonzo avrà avuto 50 anni e non sembrava tanto sprovveduto. Ma sono quasi certo che di pittura ne capisse meno di me. Sembrava più che altro eccitato all’idea di portarsi a casa per pochi soldi un trofeo da mostrare agli amici, magari per dir loro che aveva fregato quattro selvaggi. I tre compari avevano agito per bene e con molta disinvoltura. Lo avevano abbordato mentre girava per un mercatino, valutando dagli accessori e dai vestiti il suo potere di acquisto. I cubani di strada sono infallibili quando si tratta di capire a quanto ammonta il tuo conto in banca.
 
Sono riusciti a farsi passare per disperati morti di fame o ancora meglio ricettatori di piccolo cabotaggio che hanno urgenza di disfarsi di merce che scotta. E per essere più convincenti hanno mostrato al tedesco un vecchio orologio da polso di marca. A Cuba, agli inizi del secolo scorso, si producevano degli orologi marca Cuervos y Sobrinos che continuano ad avere un pò di valore ancora oggi. I tre ne avevano rubato uno tempo prima e glielo hanno ceduto ad un prezzo abbastanza ridotto, sperando che mordesse l'esca. Quando gli hanno proposto di comprare un dipinto, il tedesco si è lanciato. 

A quel punto entravo in gioco io. Mi sono fatto trovare in una casa fuori dai circuiti turistici mentre esaminavo un piccolo busto di marmo che avrei dovuto comprare. 
Ero con una donna che recitava la parte della padrona di casa. Appena arrivati i quattro, ho iniziato a far finta di non capire bene la lingua, inventandomi uno strano gergo a metà tra lo spagnolo più sconquassato e l’italiano. Il tedesco, per mia sorpresa, parlava un buon italiano perchè passava le vacanze estive sul lago di Garda da anni. A quel punto tutto è filato via liscio. Quando i tre amici hanno capito che avevo stabilito un contatto con la vittima mi sono sentito improvvisamente l’attore principale. 
Secondo gli accordi avrei dovuto essere un semplice figurante ma, in un attimo, quasi tutto l’esito della truffa dipendeva da me. Ero io il protagonista. Per fortuna ho mantenuto la calma e ho sfoderato il mio miglior repertorio, se mai ne avessi avuto uno. 

Ho osannato la impeccabile fattura del busto in marmo che tra l’altro non era un falso. Credo fosse un pezzo di fine '800 che raffigurava una donna avvolta in un velo. Mi sono anche ricordato che in quel periodo i marmisti che circolavano all’Avana erano quasi tutti italiani e, fingendomi un conoscitore, ho azzardato l’ipotesi che si trattasse di marmo di Carrara lavorato da artigiani trapiantati a Cuba per soddisfare le voglie dei ricconi del tempo. E alla fine ho deciso di comprarlo per 1000 dollari. Ho tirato fuori i soldi e li ho dati alla donna. Avvolto il busto con una coperta, lo abbiamo caricato sulla mia macchina dove era rimasta ad aspettare un'amica che agiva da comparsa. L’intera scena si è svolta sotto gli occhi del tedesco che a quel punto ha pagato i 2000 dollari, ha preso il dipinto, ed è andato via contento.

Non sto a descrivere la felicità dei miei tre amici e la loro ammirazione nei miei confronti. Avevo tenuto bordone come un consumato truffatore. Per non parlare del credito acquisito dopo la nefandezza. E quella sera rum e puttane fino allo sfinimento.


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